Editoriali e Interviste, News

di Aldo Bonomi     Il Sole 24Ore – Microcosmo 

I processi di scomposizione e ricomposizione del lavoro e dei lavori sono sempre più al centro del dibattito sul destino dei territori in metamorfosi.

Ne abbiamo discusso a Treia con Symbola ponendo al centro il tema dei lavori e del riabitare la Città Appenninica in ricostruzione dopo la faglia del terremoto. Partendo dalla coscienza di luogo del riabitare la montagna, partendo dai suoi fondamentali ecologici: il bosco, l’acqua, l’agricoltura, la manutenzione del suolo e del paesaggio…Come ci ha insegnato a suo tempo Karl Polanyi, che si interrogava sulla «grande trasformazione» del capitalismo, per comprendere la «piccola trasformazione» del lavoro e dei lavori nelle terre alte (lo scheletro delle montagne che ci tiene assieme dalle Alpi al Mediterraneo) va collocata oggi nella grande trasformazione della crisi ecologica. L’Italia di Mezzo, dove sono nati i Comuni e i distretti, è un laboratorio del vivere, lavorare ed abitare la montagna. Questione per nulla marginale che attraversa e riguarda anche la macroregione alpina dove si discute di metromontagna partendo da Torino, Milano, Zurigo, Lione, Monaco… Non sembri azzardato il salto dalle montagne del nostro Appennino alle montagne ticinesi, da Treia a Lugano. Dove l’Associazione Coscienza Svizzera si è di recente interrogata sulle criticità che attraversano il mondo del lavoro in relazione alla storica rendita di posizione del suo essere porzione di territorio svizzero di vallate e montagne incuneato nel contesto dell’urbano regionale lombardo, e del suo essere ancora poco consapevolmente “città ticinese” metromontagna cerniera tra Milano e Zurigo.

L’economista territoriale Remigio Ratti, grande animatore di un’associazione che alimenta da anni il dibattito intorno alle sorti di un territorio attraversato dalla sindrome da invasione di lavoratori italiani e dal permanere di una rappresentazione di perifericità nel contesto elvetico d’oltralpe, ha spronato pacatamente i ticinesi ad essere più «ambiziosi» e, aggiungo io, meno rancorosi ed impauriti. Tale ambizione, con specifico riferimento alle criticità demografiche (simili a quelle italiane per tasso di fecondità e invecchiamento della popolazione) e al flusso in uscita di giovani ticinesi verso territori più attrattivi, è da giocare nella ridefinizione di uno spazio di rappresentazione della frontiera più largo, meno giocato sui differenziali salariali con l’Italia, sui quali fa perno la competitività delle imprese ticinesi, che a loro volta soffrono dei salari più alti offerti dai sistemi produttivi nord alpini e dalle città-porta del terziario della conoscenza come Zurigo, Basilea, Ginevra e Losanna. Ratti si è giustamente interrogato sul valore attuale di suggestioni come la Regio Insubrica o la Città dei Laghi, forse oggi insufficienti per dare al Ticino una «coscienza di luogo» capace di rappresentarsi e integrarsi nell’articolazione dei circuiti di scambio di saperi, conoscenze e di ibridazione tra settori produttivi interni alla complessa piattaforma alpina in rapporto all’urbano regionale pedemontano.

Temi e questioni di transizione toccati anche dal testo collettivo Les Alpes Productives (Pug/Uga Editions 2022), che nella fattispecie richiedono la capacità di individuare nuove forme di governanza transfrontaliera sull’asse Milano-Zurigo e capacità di fare innovazione sociale sviluppando modelli di partecipazione della società civile, perché pensarsi come piattaforma del «sociale» significa mettere in campo elementi di attrattività fondamentali nel campo della riproduzione e della qualità della vita. Tema che riguarda anche la manutenzione del paesaggio delle terre alte con il venire avanti dei turismi intrecciati all’agricoltura, alla cultura e alle opportunità del riabitare vallate e montagne. Anche tra «i montanari ticinesi» si lamenta l’incapacità della politica di assumere elementi di visione alta, oltre il pur invidiabile apparato amministrativo la cui architettura peculiare fatica a tenere assieme ciò che in tempi meno turbolenti (Braudel docet) teneva assieme: la grande dimensione del capitale, l’integrazione dei mercati regionali e la vita materiale radicata nelle piccole patrie. Oggi questi tre ambiti sembrano seguire inerzie divergenti. Le dinamiche dei lavori sembrano confermarlo. Continuiamo a fare intreccio partendo dalla coscienza di luogo, confrontandoci con gli amici di Coscienza Svizzera nella macroregione alpina partendo dalla coscienza della Città Appenninica in ricostruzione nell’Italia di Mezzo.

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