Editoriali e Interviste, News

La Lombardia che lavora

Nel numero di ottobre di “Tempi Magazine M” è contenuto lo speciale in cui, attraverso alcune interviste, si racconta il ‘cuore’ di una regione, la Lombardia, che ha fatto della cultura del lavoro un fattore di crescita, benessere e socialità diffusa.

Tra le interviste quella ad Aldo Bonomi, dal titolo ‘Come è cambiata la nostra Regione’, che analizza il cambio d’epoca del territorio e le sue prospettive future.

Il nuovo millennio ci ha consegnato una regione che, pur mantenendo molti primati a livello nazionale e internazionale, si è modificata sostanzialmente. È lontano il ricordo dell’economia novecentesca.
Professor Bonomi, come si è sviluppata la Lombardia negli ultimi venticinque anni?
Il sistema lombardo si è evoluto secondo una configurazione dello spazio verso la quale tendono a riorganizzarsi i territori nel salto d’epoca della dialettica tra flussi e luoghi.
Nell’arco del periodo storico a cavallo di secolo, sono emersi importanti elementi di discontinuità indotti dal passaggio del lento venir meno di un criterio di organizzazione di spazi e tempi sociali incentrato sulla fabbrica fordista, quale luogo principe della dialettica tra capitale e lavoro, all’affermarsi di criteri (de)regolativi che mettono al lavoro interi territori chiamati ad organizzarsi per competere nell’economia mondo.

La Lombardia è un territorio molto vasto ed eterogeneo. In molti suoi scritti lei sottolinea la necessità di individuare e decodificare quattro piattaforme territoriali di riferimento.
Esatto. Partendo da Nord abbiamo la piattaforma dell’Arco Alpino compresa nel triangolo Luino, Sondrio, Lumezzane, sezione lombarda della grande piattaforma transfrontaliera. In queste aree la caratteristica conformazione montana ha plasmato nei secoli in modo profondo la dimensione dei luoghi. Nella seconda parte del XX secolo l’industrializzazione fordista è avvenuta prevalentemente per via esogena. A questo sentiero di sviluppo si è contestualmente affiancato un modello turistico dai caratteri altrettanto esogeni ed un comparto agroalimentare di nicchia che, unitamente all’industrializzazione, hanno assicurato benessere economico diffuso.
È questa la dimensione delle vocazioni produttive storicamente maturate nelle comunità locali nel corso delle diverse fasi dello sviluppo: agricoltura e allevamento, quindi commercio transfrontaliero, edilizia, artigianato industria, infine terziario dei servizi pubblici e privati, nel quadro di un’economia transfrontaliera connotata da
tradizionale pendolarismo lavorativo con la vicina Svizzera.
Tale articolata composizione produttiva basata sul primato della piccola e microimpresa, si trova da tempo ad affrontare diverse sfide di modernizzazione con una perdita crescente sul controllo locale del ciclo economico, laddove la sfera dell’intervento pubblico ha dovuto progressivamente fare i conti con processi di privatizzazione e razionalizzazione delle risorse.
In questo contesto si innestano le sfide e le opportunità come la digitalizzazione, la conversione ecologica e la valorizzazione sostenibile delle risorse ambientali ed agroalimentari.
Più a sud troviamo la piattaforma della Pedemontana che si sviluppa da Est a Ovest tra Malpensa (Va) e Montichiari (Bs). Si tratta dell’asse produttivo che con la pedemontana veneta e la Via Emilia costituisce l’armatura portante del nuovo triangolo industriale del Lover. Lungo l’asse delle province pedemontane di Varese, Como, Lecco, Monza, Bergamo e Brescia il sistema produttivo sta compiendo un grande sforzo di modernizzazione all’interno e all’esterno
delle mura dell’impresa, mentre le città capoluogo si aprono alla sfida della terziarizzazione pregiata. Non è certo un processo privo di elementi drammatici, avendo in sé una determinante selettiva particolarmente potente, che lascia sul terreno naufraghi dello sviluppo, vuoti urbani, paure sociali.
Tutte fucine in cui si forgiano sentimenti di rinserramento e rancore, ma anche nuove speranze, spinte rigenerative, sperimentazioni di nuove forme di convivenza e di coesione sociale.

Il polo metropolitano milanese rappresenta però un caso che fuoriesce dagli schemi delle altre province lombarde.
È un vero e proprio laboratorio della nuova composizione sociale e porta di entrata e uscita dei flussi globali che qui trovano ambiti di appropriazione e valorizzazione peculiari capaci di produrre visioni di futuro che ricadono su scale territoriali molto più larghe.
A ben vedere Milano è l’unica grande città transitata dal vecchio triangolo industriale, che comprendeva anche Torino e Genova, al nuovo triangolo del Lover. Milano è in parte città-Stato, che guarda più alle città sue simili nel mondo che alle piattaforme del Nord, è in parte città-Regione, che struttura, è in parte città-anseatica in rapporto
alla conoscenza globale in rete, è in parte la città nella quale l’iper-industrializzazione della vita quotidiana avanza in modo più rapido e intenso.

Infine, abbiamo l’intero territorio padano lombardo compreso tra Pavia e Mantova, passando per le altre città capoluogo di Lodi e Cremona.
Anche questo territorio è laboratorio di trasformazioni emblematiche rinvenibili nella padana veneta ed emiliana, infatti esso è chiamato, da un lato, a governare il debordamento dello sprawl metropolitano milanese alla ricerca di nuovi spazi di espansione e di quello pedemontano imperniato sul binomio campanile-capannone, in particolare Cremona nel suo legame con la bergamasca e Mantova con il suo legame con il bresciano.
D’altra parte, in questi stessi territori si intreccia il tema della transizione ecologica delle grandi filiere agroalimentari delle tre “T” di terra, territorio e tecnologia, quello tra dimensione logistico-infrastrutturale, in cui l’atterraggio delle piattaforme del commercio elettronico amplifica enormemente la dimensione terziario-distributiva dei territori, con notevoli ricadute in termini di consumo del suolo, inquinamento, forme del lavoro neo-schiavistiche digitali.
Inoltre anche nella Bassa, città come Pavia, con il suo Policlinico e la sua Università, Mantova, con la sua eventologia di taglio umanistico, Lodi e Cremona con le loro funzioni terziarie rivolte all’agricoltura, vanno
assumendo forma e identità nuove.

Works with AZEXO page builder