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Tra la polpa e l’osso c’è ancora spazio per idee visionarie

Nel mio ultimo Microcosmo ho osservato le due polarità del lavoro creativo e culturale in alto e delle imprese sociali in basso

di Aldo Bonomi Microcosmi – Il Sole24 Ore

Nel mio ultimo Microcosmo ho osservato le due polarità del lavoro creativo e culturale in alto e delle imprese sociali in basso. Ho usato l’immagine della polpa e dell’osso come metafora polarizzante di una società in cui tanti promettono polpa in tempi che rimandano all’osso di bollette di luce e gas. Tempi che impatteranno non solo ai piani alti del capitalismo della conoscenza e nel magma della questione sociale, ma anche in quella medietà operosa delle piattaforme territoriali del nostro capitalismo di territorio.

Nel grande nord la globalizzazione a pezzi ridisegna reti con la locomotiva tedesca non messa al meglio. Si ridisegnano traiettorie di attraversamento della crisi per scomposizione e ricomposizione di assi e piattaforme territoriali. Anche a sud sull’asse urbano Napoli-Bari, passando per Potenza e comprendendo Taranto. Piattaforma in metamorfosi, rispetto a quelle più consolidate a nord, ma non più leggibile solo nella dicotomia polpa in città e osso nei territori. In realtà, pur nelle tante difficoltà di un capitalismo delle reti che stenta ad assumere quel ruolo di traino più evidente in alcune piattaforme del Nord, l’asse Napoli-Bari si caratterizza per lo strutturarsi di forme di capitalismo intermedio rappresentato dalle filiere del made in Italy delle 4A. Nella filiera del valore del capitalismo intermedio del Nord la competitività dell’impresa si fonda sulle economie esterne che essa trova oltre le sue mura nella piattaforma territoriale (impresa+piattaforma), a Sud la competitività è costruita spesso in solitudine dal territorio. Manca o comunque è debole, quella dimensione intermedia che favorisce la strutturazione delle forze autopropulsive che dal basso provano a crescere connettendosi alle filiere. Ciò rende la questione territoriale, intendendosi il territorio/piattaforma come tessuto di mediazione tra saperi e risorse astratte e saperi e risorse contestuali, la questione centrale per le policy e lo sviluppo. Qui più che altrove tante sono le tessiture socioeconomiche da tessere e ritessere. Da Bagnoli dismessa all’Ilva da riconvertire e il petrolio in Basilicata – dal turismo eccellente campano a quello pugliese – dalla filiera rossa del pomodoro da Salerno a Foggia e le eccellenze del vino – da Pomigliano a Melfi con l’automotive con reti nell’avionica sino a Grottaglie – con Procida che ha preso il testimone da Matera per gli eventi culturali e anche dalle terre dell’osso, che oggi chiamiamo aree interne, viene avanti un nuovo racconto e una nuova identità come la poesia del paesologo Arminio e qui più che altrove la Fondazione con il Sud ha promosso nelle emergenze sociali la cultura di un protagonismo del sociale che viene prima dell’economico. Appare un crogiolo di composizione sociale che va dal fordismo dell’acciaio all’avionica alla centrale questione agricola sino ai lavori dei turismi e delle culture, degli eventi e dei territori e del sociale. Molto dipenderà dalla tenuta a nord come a sud di queste piattaforme del vivere e lavorare sul territorio. Diamoci speranza.

Per questo chiudo con il racconto di un giovane imprenditore barese di 32 anni, Alessio Lorusso. Partendo dall’attività artigianale meccanica ed elettronica sedimentata nel territorio fonda Roboze Spa, impresa specializzata nella stampa 3D iper precisa nel campo dei super polimeri e materiali compositi ad alte performance. La sua esperienza imprenditoriale «parte molto dal basso» nell’officina del padre che era un elettrauto. Grazie all’attività artigianale e a quel saper fare che da sempre ha caratterizzato il capitalismo molecolare territoriale del nostro Paese, da autodidatta con curiosità e passione sviluppa saperi e competenze elettroniche e meccaniche, smontando e rimontando, sperimentando robotica e meccatronica nella sua «stanzetta» dove crea il suo prototipo. Nel 2013 realizza la sua «follia visionaria» culturale ed economica e avvia con i risparmi guadagnati lavorando con il padre la sua impresa, convinto di poter competere facendo leva sulla qualità della dotazione di capitale umano territoriale e sulla prossimità con le università, ovvero facendo leva su fattori esterni all’impresa quali elementi abilitanti. Crea un prodotto unico con della tecnologia brevettata e ciò attrae i primi fondi di investimento che decidono di scommettere sulla sua idea. Oggi Roboze mantiene il suo “cervello” e lavoro a Bari dove sviluppa il suo ecosistema tecnologico e di ricerca occupando un centinaio di cervelli emigrati che ha richiamato nella loro terra di origine, mentre a Houston ha aperto la sua sede commerciale. Questa storia imprenditoriale che parte da uno dei tanti Sud ratifica quanto vincente sia l’alleanza tra restanti e ritornanti per lo sviluppo del Mezzogiorno. Una piccola storia più da nord est che da sud. Ci ricorda che forse anche in questo salto d’epoca periglioso c’è bisogno di una medietà operosa visionaria per mettersi in mezzo tra capitalismo della conoscenza, disagio ed emarginazione sociale.

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