Reti comunitarie tra sviluppo e sostenibilità
di Aldo Bonomi – Microcosmi IlSole24Ore
Adriano Olivetti a proposito del fare impresa ci ha insegnato a innovare dentro e guardare fuori, al contesto territoriale. Oggi fuori la metamorfosi è tale, da ridefinire nel profondo l’antropologia del nostro capitalismo di territorio e delle sue figure emblematiche. Tra queste, quella del metalmezzadro delineata dall’economista “caldo” Giorgio Fuà, è forse una delle icone rappresentative del capitalismo dolce dell’Italia di mezzo, dei distretti e dei localismi produttivi.
Per capire come si sia scomposta questa figura basta andare in luoghi come la Valle di San Clemente, enclave appenninica di poco più di 5mila abitanti compresa nel triangolo ampio Fabriano-Jesi-Macerata. Quest’area è densa di storia del distretto del bianco (Merloni) e di tracce di futuro. Qui, innovandosi fanno da pivot medie imprese come la Loccioni (meccatronica ad Angeli di Rosora), Fileni (biologico a Cingoli) ed Elica (domotica a Fabriano). La manifattura ristrutturata del territorio richiede figure professionali altamente qualificate, o viceversa, personale relativamente dequalificato, spesso di origine straniera a debole radicamento. L’agricoltura come integrazione al reddito è quasi altrettanto scomparsa, perché operare in questo settore significa oggi fare impresa a tutto tondo, con tutte le complessità del caso come dimostra il salto al biologico su grande scala di Fileni. È così che le due anime di composizione sociale che stavano sincreticamente in una, nel metalmezzadro, si frammentano. Si abitavano i piccoli comuni, si andava in fabbrica, si tornava alla mezzadria, tanto che ai tempi della fienagione l’assenteismo in fabbrica era previsto e tollerato. Se poi qui si aggiunge la faglia del terremoto, lo spaesamento, lo spopolamento diventano questione territoriale. Per gli anziani che rimangono e per i giovani in esodo.
In mezzo alla valle c’è l’Abbazia di Sant’Urbano, bene culturale icona dello spirito benedettino che ha prodotto nelle lunghe derive la mezzadria e una modernità in difficile divenire, accoppiando il patrimonio millenario e la connessione al mondo. Qui 40 giovani della valle hanno iniziato un viaggio-ricerca nella coscienza di luogo per capire ciò che resta del metalmezzadro e ciò che viene avanti per loro. Interrogandosi sia sui nuovi cittadini migranti da Sud che su quelli che arrivano da Nord, acquistando e riattivando casali abbandonati nelle colline marchigiane oggi attrattive quanto la Toscana e le Langhe. La proliferazione di B&b, di agriturismi, di produzioni agricole di nicchia e di enogastronomia sono tracce di comunità operosa che non diventano solida infrastruttura di mercato, se totalmente affidate alla potenza delle piattaforme digitali come Airbnb o ai brand come Lonely Planet che collocano le Marche nei primi posti della graduatoria delle mete mondiali del 2020. Senza connessioni interne della coscienza di luogo il miglioramento delle reti lunghe di connessione esterne rischia di funzionare meglio come via di uscita o per l’acquisto di un casale da ristrutturare come buen retiro.
In questo quadro s’innestano questioni da “piccoli comuni” in cui cresce la percezione della sempre più ridotta dotazione di beni pubblici locali, a fronte di scuole e istituti superiori impegnati a stabilire connessioni con le imprese innovative e a orientare gli alunni verso la rivitalizzazione dei beni culturali viventi del territorio, agricoltura compresa. Alla difficile sostenibilità economica del vivere in questi piccoli centri in transizione si aggiunge perciò la difficile sostenibilità sociale. Il che conferma che, senza questi due pilastri, è difficile trasformare l’imperativo della sostenibilità ambientale in concrete opportunità di sviluppo e in nuove figure sociali di riferimento collettivo che riempiano il vuoto del metalmezzadro in un ibrido che sappia tenere assieme agricoltura di qualità, beni culturali, turismi e saperi d’impresa che operano nel biologico, nella meccatronica e nella domotica. Sarà per questo che Enrico Loccioni, sensibile allo spirito olivettiano del costruire comunità concrete, accompagna i giovani della valle promuovendo il progetto “Smart Land – verso la comunità di valle” partendo dall’Abbazia di Sant’Urbano come spazio antico che si fa luogo di elaborazione culturale sul come tenere assieme nuove reti comunitarie e reti lunghe dell’impresa. Si punta sui giovani che di fronte al dilemma di Hirshman exit o voice, hanno deciso di farsi voce della coscienza di luogo.