Editoriali e Interviste

Le tante faglie di un Paese da rammendare

Per una nuova società di mezzo adeguata ai tempi servono la mediazione delle parti sociali e la visione della politica

di Aldo Bonomi IlSole24Ore – Microcosmi

Da 30 anni Il Sole elabora la classifica della qualità della vita nei territori. Riguardiamoci quella del 2019 che può indurre euforia da primazia – Milano – e depressione da ultimi – Caltanissetta, che oggi mi appare non lontana da Tripoli. I freddi numeri evocano passioni mai sopite del 900: la Questione meridionale e quella settentrionale, le prime 15 province tutte al Nord, le ultime tutte al Sud. La vera questione è da sempre il come ci si mette in mezzo tra Milano e Caltanissetta. È l’eterno ritorno delle questioni territoriali. Che forse oggi riappaiono sotto altre forme nell’epoca del competere per sistemi territoriali nei flussi globali. Il che induce a scomporre e ricomporre i numeri, giustamente elaborati per antiche province nel paradigma dei flussi che impattano nei luoghi, mutandone lo spazio di posizione e la rappresentazione.

Oltre alla grande faglia Nord-Sud ci apparirà una geografia di faglie molecolari che attraversano il sistema Paese, ridisegnando differenze territoriali ove ricostruire, dal basso più che dall’alto, soglie di convivenza socioeconomica se vogliamo ritessere identità relazionale. Ci accorgeremo che anche la primazia non basta. Non vi è forse una piccola faglia a Nord-Ovest con Torino ex company town che soffre Milano sola al vertice? Entrambe, con difficoltà, fanno città-regione, trainando le altre città del grande Nord-Ovest. Certo, se da Milano si alza lo sguardo ci appare la piattaforma del grande Nord: il Lover (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna). Che è piattaforma e soglia robusta di indicatori economici e di città operose animate, sopra il Po, da un’antropologia contadina che si è fatta industria all’ombra dei campanili, e sotto il Po, partendo dalle case del Popolo. Lo denominiamo il nuovo triangolo industriale. Molto dipenderà dal triangolarsi di Milano, Bologna e la città-regione Veneto in gestazione, arrivando sino a Trieste. Qui la faglia non si vede guardando alle economie dei territori, ma alla politica. Siamo tutti in attesa del 26 gennaio per le elezioni regionali nella terra attraversata dal grande fiume.

La vera faglia del grande Nord ci appare dal satellite con le immagini delle terre alte innevate e le terre basse del Lover con il grigio fumo della cappa dell’inquinamento che abbassa la qualità della vita e pone il grande nodo della questione ambientale. Tema da virtù civiche. Il 24 gennaio ad Assisi, Symbola presenterà il suo Manifesto “Per un’economia a misura d’uomo”. Anche l’asse tosco-marchigiano del capitalismo dolce – qui sono nati i distretti (Becattini) nell’Italia borghigiana (De Rita) – è segnato da faglie molecolari nel suo diventare piattaforma territoriale ed è ancora faglia aperta, nelle terre alte dell’Appennino, la ferita del terremoto. Lì nel mezzo si sente il non irradiarsi di Roma città-regione. Roma, attrattiva per storia, per funzioni d’imprese e rappresentanza e palazzi della politica, ma in difficoltà nell’esercitare la funzione di soglia dello spazio di posizione e di rappresentazione del Paese. Anche verso Sud. Dove più che cercare le oasi che ci sono e sono tante, basti pensare al turismo non ancora piattaforma ma sognata e desiderata, val la pena continuare a cercare.

Sull’asse Napoli-Bari-Taranto, passando per Matera, si dispiega un territorio che può farsi soglia, una volta superate le faglie lasciate dal fordismo. Evolutosi nel massimo d’innovazione o residuale per mediocrità. Si va dall’avionica a Napoli e Grottaglie, al buco nero di Taranto ancora irrisolto, passando per Melfi dove si ragiona di robotica e ci si interrogherà, si spera, sull’auto elettrica. Altro dalla deriva fordista verso Sud ci appariranno, qui più che altrove, le filiere agroalimentari segnate da una faglia tra eccellenze e caporalato. Per esempio la piattaforma del pomodoro tra Salerno e Foggia. Se poi arriviamo nel Mediterraneo, oggi centrale mare geopolitico, e alziamo lo sguardo alle città mi sovviene un’osservazione alle classifiche del Sole del sindaco di Palermo che faceva notare che i numeri della sua città non con Monaco vanno confrontati, ma con Tunisi, Atene, Istanbul e perché no, Barcellona.

Sono tante le faglie molecolari che segnano il sistema Paese nell’epoca delle piattaforme territoriali ridisegnate dai flussi che cambiano il territorio. Da rammendare e innovare con reti hard soft per competere. Ma questo sforzo di pura modernizzazione da solo non basta senza il fare società che fa soglia e rammendo di identità frammentate in identità relazionale da patriottismo dolce dal basso in tempi di sovranismo dall’alto. Da qui il mettersi in mezzo tra Milano e Caltanissetta sul cosa e sul come, tanti sono gli interrogativi. Ripartire dalle aree metropolitane, dalle 100 città, dal municipalismo, dalle regioni, dalla statualità agente o dall’Europa che verrà? Alle parti sociali tocca fare soglia per una nuova società di mezzo adeguata ai tempi. Alla politica tocca mettere in mezzo una visione in tempi di fibrillazioni geopolitiche dal Mediterraneo alle Alpi.


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