Editoriali e Interviste

Il Nord Ovest rinasce come smart land

di Aldo Bonomi Microcosmi Il Sole24Ore

Inedite immagini spaziali segnano il cambiamento. Colpisce a Nord Ovest la suggestione del nuovo triangolo industriale che l’acronimo gentile Lover (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna) stabilisce a Nord Est, con Milano global city. I dati dicono di un arretramento del Nord Ovest (Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta) di cui le statistiche sulla ricchezza sono un parziale ma anche inevitabile indicatore.

Questo sganciamento rimanda alla grande crisi e alla scomposizione e ricomposizione degli assetti produttivi, da leggere con uno sguardo lungo attento ai movimenti di faglia più che alle scosse telluriche. Il fordismo faceva di Torino un polo ordinatorio che dava forza alle polarità capitale-lavoro. Il fordismo era anche principio ordinatorio dei territori e sui territori, ove le alternative furono sconfitte (Olivetti a Ivrea), sussunte o rimaste ai margini (il Cuneese, le isole distrettuali e il polo biellese).

Quel mondo è franato da tempo, ma i suoi lasciti (e i detriti) hanno occupato il campo a lungo e forse solo dopo Marchionne, se n’è preso definitivamente atto. Il Nord Ovest ha risorse da spendere anche nel nuovo paradigma fondato su digitale, medie imprese, innovazione sociale, per quanto sconti l’interscambio svantaggioso con i sistemi limitrofi – l’eterno confronto con Milano – e la difficoltà a convertire potenzialità come università, fondazioni, centri di elaborazione e ricerca, terzo settore che fanno tessitura sociale. Meno fitta ma è comunque presente, un’ampia rete di imprese medie in traiettorie di rilancio economico. L’armatura delle città del Nord Ovest è storicamente più fragile, meno densa della città infinita lombarda, della Via Emilia e delle diffuse città medie del Veneto.

A Nord Ovest si fatica a rintracciare un sistema urbano regionale che alimenti i territori produttivi all’altezza del capitalismo intermedio, non più fordista né distrettuale. Nel capoluogo piemontese si è messo in moto un partito trasversale del Pil, tra nostalgie da città olimpica e progetti che puntano alla leadership tecnologica, tra auto elettrica e Industria 4.0. Si guarda al polo dell’alta formazione, con i centomila studenti che il territorio solo in parte riesce a trattenere dopo gli studi. A implementare l’economia sociale con, ad esempio, le nuove ex-Ogr (Officine grandi riparazioni) divise tra eventi, ricerca e start up. Progetti importanti che faticano ancora a parlare a un’area metropolitana rimasta finora mera espressione geografica.

Ci si interroga molto sul mix di cooperazione e competizione con Milano senza guardare alla provincia larga. Che ha nel Cuneese del vino, del paesaggio e di Slow Food, della Ferrero, delle multinazionali estere localizzate, delle Pmi autoctone, il punto di maggiore tenuta. Nel tessile biellese si sono selezionate e innovate le qualità manifatturiere aprendo a nuove leve di sviluppo. Si cerca di capitalizzare la posizione lungo l’istmo “tedesco” che connette Genova ai porti del Nord, con la logistica e le funzioni collegate a Novara e Alessandria. Si disegnano alternative al declino delle industrie storiche, a Ivrea tra biotecnologie, meccatronica e riconoscimento Unesco.

Sul territorio le medie e medio-piccole città disegnano per sé funzioni urbane, nuovi ospedali, riqualificazione, sedi universitarie decentrate e messa a valore degli spazi, dove si cerca una sintesi tra insediamento dei player dei flussi come Amazon a Vercelli e un ecosistema per l’economia diffusa della cultura, del turismo e dei beni relazionali.

Occorre guardare e rappresentare queste nuove immagini del Nord Ovest che viene avanti nella metamorfosi tra città e contado. Raccontando della company town che si fa città smart ricostruendo una città coesa che guarda alle periferie da riqualificare, al tessuto delle piccole imprese e alle start-up. Occorre raccontare le città medie che tendono a farsi piattaforme urbane intermedie con un’infrastrutturazione leggera attenta alla qualità territoriale che fa smart land.

Le Langhe, senza farne un modello, non sono più le “terre della malora” e, se guardiamo ai dislivelli delle Alpi che circondano il Nord Ovest, anche qui vediamo che è iniziata partendo dai temi ambientali, una rivitalizzazione dei territori verso le città. Non è solo una questione di numeri, di Pil, ma di rappresentazione della coscienza di luogo.

A Nord Ovest hanno ben chiaro il valore euristico dei simboli, bastano le immagini delle piazze “Sì Tav” e “No Tav” che si sono contese il centro di Torino a ricordarcelo.

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